Descrizione
Le violenze psicologiche, di qualsiasi forma e grado, sono sempre generate all’interno di un contesto relazionale ristretto. L’attore della violenza psicologica è di fatto motivato a mettere in atto comportamenti aggressivi per difendere il proprio ambiente che ritiene minacciato dalla vittima. L’obbiettivo di questi comportamenti è sempre volto all’esclusione o all’annientamento del bersaglio della violenza.
Questi comportamenti avvengono soprattutto laddove carnefice e vittima condividono uno stesso spazio fisico, che sia la famiglia o il luogo di lavoro.
È importante sottolineare che le vittime di queste violenze psicologiche possono a loro volta diventare i carnefici e viceversa. La condizione ambientale unita al particolare momento storico e alla disposizione del soggetto determinano la possibilità di diventare bersaglio o attore di comportamenti violenti. Dal punto di vista clinico va anche sottolineato che spesso vittima e carnefice si incontrano non a caso, l’uno fornisce all’altro la possibilità di agire o di subire quei comportamenti violenti.
Alcune di questi comportamenti assumono la forma di un vero e proprio reato, soprattutto, a causa dei danni che possono provocare. L’annientamento dell’altro cui mira una violenza psicologica non di rado porta la vittima a commettere gesti auto-lesionistici gravi.
Nei luoghi di lavoro la violenza psicologica può essere perpetrata da colleghi, spesso coalizzati, come pure, più frequentemente, dai superiori gerarchici. In questi casi si instaura un clima aziendale fatto di manipolazioni, di discredito e svalutazione personali, di mistificazioni, di colpi bassi, di derisioni, di angherie, di colpevolizzazioni, di esclusioni, di umiliazioni, di menzogna, di isolamento, di ingiurie, di calunnie, di intimidazioni, di vero terrorismo psicologico, che tende ben presto alla distruzione psicologica della vittima e spesso tollerato dai vertici, almeno finché ciò non influisce pesantemente sul rendimento lavorativo generale. Inoltre la solitudine della vittima è di norma aggravata dalla mancanza della solidarietà dei colleghi, che viene negata per diversi motivi: conformismo, paura o semplicemente perché si pensa che se una persona viene così pesantemente attaccata qualcosa di negativo avrà fatto. Di norma l’aggredito non riesce a reagire. Si colpevolizza per la situazione che si è creata ed è fortemente legato a livello emotivo all’ambiente lavorativo che tenta di escluderlo e che è causa principale delle sue sofferenze.
In Italia esistono precise norme giuridiche che tutelano il lavoratore molestato, tuttavia non è semplice riconoscere la portata e la centralità delle molestie, soprattutto se psicologiche, in relazione al danno manifestato dal soggetto che si presume averle subite.